Differenze di genere nella presentazione e nella prognosi della cardiopatia ischemica


Un modello generale che prevede un più alto tasso di mortalità e di complicanze dopo sindromi coronariche acute nelle donne rispetto agli uomini è stato descritto da molti anni.
Recentemente, tuttavia, è diventato chiaro che le differenze sessuali di mortalità dopo sindromi coronariche acute si applicano, in primo luogo, a specifici sottogruppi di pazienti.

Il primo di questi è rappresentato dai pazienti con infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST ( STEMI ), in quanto le donne con STEMI hanno una mortalità superiore rispetto agli uomini.
Al contrario, dopo aggiustamento per i principali fattori di rischio, nessuna differenza di genere è stata di solito riscontrata tra i pazienti con infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST ( NSTEMI ).
Nei pazienti con angina instabile, le donne hanno una prognosi addirittura migliore degli uomini dopo la correzione per età e fattori di rischio.

Il secondo gruppo di pazienti in cui si osservano differenti risultati clinici tra i sessi è quello dei pazienti giovani con infarto miocardico.
Molti studi di popolazione e registri hanno dimostrato che le donne più giovani con infarto miocardico, in particolare prima dei 50 anni di età, hanno una mortalità superiore a quella dei loro coetanei maschi.
Tra i pazienti più anziani, invece, non si evidenziano differenze di mortalità e vi è addirittura un trend più favorevole nelle donne.

Poco si sa sul perché le donne più giovani e le donne con infarto STEMI siano esposte a rischi maggiori rispetto agli uomini.
È possibile che le differenze di sesso inerenti alla dimensione dei vasi e allo sviluppo di circoli collaterali pongano le donne con infarto STEMI a maggior rischio rispetto agli uomini con la stessa diagnosi, non influenzando invece le altre sindromi coronariche acute.
La mortalità più elevata delle donne giovani con infarto miocardico rispetto agli uomini è ancora più difficile da spiegare. Ci si sarebbe in realtà aspettato che le donne con meno di 50 anni di età, la maggior parte delle quali sono in età fertile ed hanno meno aterosclerosi coronarica, fossero avvantaggiate, e non svantaggiate, in termini di sopravvivenza rispetto agli uomini della stessa età. D’altra parte, le donne più giovani con infarto miocardico presentano più fattori di rischio e più comorbilità quali il diabete mellito e una precedente storia di scompenso cardiaco e ictus, anche se questi fattori non sono in grado di spiegare del tutto le differenze di outcome tra sessi.

Le differenze nella presentazione e nei sintomi clinici sono state chiamate in causa per spiegare la prognosi differente dopo infarto miocardico nell’uomo e nella donna.
Le donne più giovani con infarto miocardico hanno minori probabilità di presentare dolore toracico e un maggiore ritardo al ricovero ospedaliero rispetto agli uomini. Di conseguenza, hanno minori probabilità di ricevere terapie di riperfusione tempestive e, quando le ricevono, è con un maggiore ritardo rispetto agli uomini. Tuttavia, non bisogna dimenticare che la maggior parte dei pazienti con infarto miocardico, sia uomini che donne, presentano dolore toracico e la proporzione di pazienti con dolore toracico è ancora più elevata nei pazienti più giovani rispetto ai più anziani ( sia negli uomini che nelle donne ). Pertanto è improbabile che le differenze nella presentazione possano spiegare in modo sostanziale l’eccesso di mortalità delle giovani donne con infarto miocardico rispetto agli uomini.

È possibile che comorbilità e fattori di rischio non presi in considerazione da studi attuali siano implicati nelle differenti conseguenze cliniche dell’infarto miocardico nei due sessi. Tra questi, fattori sociali, psicologici e ambientali sono stati raramente presi in considerazione.
Molte ricerche sulla malattia coronarica nelle donne si sono concentrate sul periodo perimenopausale e postmenopausale; tuttavia, i processi fisiopatologici implicati nella coronaropatia hanno probabilmente origine prima della menopausa, delineando la traiettoria del rischio cumulativo delle donne col passare dell’età.

Determinanti biologiche e ambientali di rischio di cardiopatia coronarica nelle donne dovrebbero essere esaminate a partire dalla giovane età. Uno di questi fattori, abbastanza ovvio, è la carenza di estrogeni, il cui ruolo nel rischio di coronaropatia delle donne rimane controverso.
Oltre il 20% delle donne ha una qualche forma di insufficienza ovarica durante gli anni riproduttivi, in molti casi non riconosciuta.
Un’ampia gamma di dati sperimentali nelle scimmie ha dimostrato che anche lievi disturbi della funzione ovarica possono tradursi in un aumento del rischio di aterosclerosi coronarica. Una tale relazione tra compromissione ovarica lieve o subclinica e malattia coronarica è difficile da studiare nelle donne. Tuttavia, diversi indicatori di disfunzione ovarica prematura, compresi i cicli anovulatori e le irregolarità del ciclo mestruale, sono stati associati all’entità dell’aterosclerosi coronarica e all’incidenza di malattia coronarica in studi epidemiologici.

In contrasto con i dati sulla disfunzione ovarica prematura, e nonostante una convinzione radicata, la menopausa naturale intorno all’età prevista di 50-52 anni non è associata a una impennata del rischio di malattia coronarica. ( Xagena_2012 )

Fonte: Giornale di Cardiologia, 2012

Xagena_Medicina_2012