Pexelizumab non riduce la mortalità nei pazienti con infarto miocardico con sopraslivellamento ST sottoposti a intervento coronarico percutaneo


La riperfusione mediante intervento coronarico transluminale percutaneo ( PCI ) è efficace nel migliorare gli outcome ( esiti ) nei pazienti con infarto STEMI ( infarto miocardico con sopraslivellamento ST ).
Tuttavia, nei pazienti nei quali non si riesce ad ottenere prontamente un flusso coronarico abbondante e perfusione dei tessuti, la mortalità rimane alta. Questo induce a ricercare nuove strategie di trattamento.

I Ricercatori dello studio APEX AMI hanno valutato l’efficacia del Pexelizumab, un anticorpo monoclonale umanizzato, che si lega al componente C5 del complemento, in aggiunta all’intervento PCI, con l’obiettivo di migliorare la mortalità a 30 giorni nei pazienti con infarto STEMI.

Allo studio prospettico, multicentrico, di fase III hanno preso parte 5.745 pazienti. Di questi, 2.885 sono stati assegnati in modo casuale a ricevere placebo e 2.860 a ricevere Pexelizumab ( 2mg/kg in bolo endovenoso prima del PCI ) seguito da un’infusione di 0.05mg/kg per ora nelle successive 24 ore ).
La randomizzazione è avvenuta entro 6 ore dall’esordio dei sintomi.

L’end point primario era rappresentato dalla mortalità per tutte le cause a 30 giorni.
Gli end point secondari comprendevano la morte a 90 giorni e l’end point composito di morte, shock cardiogeno o insufficienza cardiaca congestizia a 30 e a 90 giorni.

Nessuna differenza nella mortalità al 30° giorno è stata osservata tra i pazienti trattati con Pexelizumab e placebo ( 4.06% versus 3.92%, rispettivamente ).

Anche l’end point secondario composito di morte, shock cardiogeno o insufficienza cardiaca è risultato simile tra i 2 gruppi ( 8.99% con Pexelizumab versus 9.19% con placebo a 30 giorni, 10.24% versus 10.16%, rispettivamente, a 90 giorni ).

Nello studio APEX AMI, la mortalità è risultata bassa e la somministrazione di Pexelizumab non l’ha modificata. ( Xagena_2006 )

The APEX AMI Investigators, JAMA 2007; 297: 43-51




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